Slezská univerzita v Opavě

Giovanni Boccaccio

Decameron

Giornata V, novella 9

Federigo degli Alberighi ama e non è amato e in cortesia spendendo si consuma e rimangli un sol falcone, il quale, non avendo altro dà a mangiare alla sua donna venutagli a casa; la quale, ciò sappiendo, mutata d'animo, il prende per marito e fallo ricco. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Era già di parlar ristata Filomena, quando la reina, avendo veduto che più niuno a dover dire, se non Dioneo per lo suo privilegio, v'era rimaso, con lieto viso disse: [italiano moderno] [torna all'inizio]

— A me omai appartiene di ragionare; e io, carissime donne, d'una novella simile in parte alla precedente il farò volentieri, non acciò solamente che conosciate quanto la vostra vaghezza possa ne' cuor gentili, ma perché apprendiate d'esser voi medesime, dove si conviene, donatrici de' vostri guiderdoni, senza lasciarne sempre esser la Fortuna guidatrice. La quale non discretamente, ma, come s'avviene, moderatamente il più delle volte dona. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Dovete adunque sapere che Coppo di Borghese Domenichi, il quale fu nella nostra città, e forse ancora è, uomo di grande e di reverenda autorità ne' dì nostri, e per costumi e per vertù molto più che per nobiltà di sangue chiarissimo e degno d'eterna fama, essendo già d'anni pieno, spesse volte delle cose passate co' suoi vicini e con altri si dilettava di ragionare: la qual cosa egli meglio e con più ordine e con maggior memoria e ornato parlare che altro uomo seppe fare. Era usato di dire, tra l'altre sue belle cose, che in Firenze fu già un giovane chiamato Federigo di messer Filippo Alberighi, in opera d'arme e in cortesia pregiato sopra ogni altro donzel di Toscana. Il quale, sì come il più de' gentili uomini avviene, d'una gentil donna chiamata monna Giovanna s'innamorò, ne' suoi tempi tenuta delle più belle donne e delle più leggiadre che in Firenze fossero; e acciò che egli l'amor di lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e donava, e il suo senza alcun ritegno spendeva; ma ella, non meno onesta che bella, niente di queste cose per lei fatte né di colui si curava che le faceva. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Spendendo adunque Federigo oltre a ogni suo potere molto e niente acquistando, sì come di leggiere adiviene, le ricchezze mancarono e esso rimase povero, senza altra cosa che un suo poderetto piccolo essergli rimasa, delle rendite del quale strettissimamente vivea, e oltre a questo un suo falcone de' miglior del mondo. Per che, amando più che mai né parendo gli più potere essere cittadino come disiderava, a Campi, là dove il suo poderetto era, se n'andò a stare. Quivi, quando poteva uccellando e senza alcuna persona richiedere, pazientemente la sua povertà comportava. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Ora avvenne un dì che, essendo così Federigo divenuto allo stremo, che il marito di monna Giovanna infermò, e veggendosi alla morte venire fece testamento, e essendo ricchissimo, in quello lasciò suo erede un suo figliuolo già grandicello e appresso questo, avendo molto amata monna Giovanna, lei, se avvenisse che il figliuolo senza erede legittimo morisse, suo erede substituì, e morissi. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Rimasa adunque vedova monna Giovanna, come usanza è delle nostre donne, l'anno di state con questo suo figliuolo se n'andava in contado a una sua possessione assai vicina a quella di Federigo. Per che avvenne che questo garzoncello s'incominciò a dimesticare con Federigo e a dilettarsi d'uccelli e di cani; e avendo veduto molte volte il falcon di Federigo volare e stranamente piacendogli, forte disiderava d'averlo ma pure non s'attentava di domandarlo, veggendolo a lui esser cotanto caro. E così stando la cosa, avvenne che il garzoncello infermò: di che la madre dolorosa molto, come colei che più non n'avea e lui amava quanto più si poteva, tutto il dì standogli dintorno non restava di confortarlo e spesse volte il domandava se alcuna cosa era la quale egli disiderasse, pregandolo gliele dicesse, che per certo, se possibile fosse a avere, procaccerebbe come l'avesse. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Il giovanetto, udite molte volte queste proferte, disse: «Madre mia, se voi fate che io abbia il falcone di Federigo, io mi credo prestamente guerire.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

La donna, udendo questo, alquanto sopra sé stette e cominciò a pensar quello che far dovesse. Ella sapeva che Federigo lungamente l'aveva amata, né mai da lei una sola guatatura aveva avuta, per che ella diceva: «Come manderò io o andrò a domandargli questo falcone che è, per quel che io oda, il migliore che mai volasse e oltre a ciò il mantien nel mondo? E come sarò io sì sconoscente, che a un gentile uomo al quale niuno altro diletto è più rimaso, io questo gli voglia torre?» E in così fatto pensiero impacciata, come che ella fosse certissima d'averlo se 'l domandasse, senza sapere che dover dire, non rispondeva al figliuolo ma si stava. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Ultimamente tanto la vinse l'amor del figliuolo, che ella seco dispose, per contentarlo che che esser ne dovesse, di non mandare ma d'andare ella medesima per esso e di recargliele e risposegli: «Figliuol mio, confortati e pensa di guerire di forza, ché io ti prometto che la prima cosa che io farò domattina, io andrò per esso e sì il ti recherò.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

Di che il fanciullo lieto il dì medesimo mostrò alcun miglioramento. [italiano moderno] [torna all'inizio]

La donna la mattina seguente, presa un'altra donna in compagnia, per modo di diporto se n'andò alla piccola casetta di Federigo e fecelo adimandare. Egli, per ciò che non era tempo, né era stato a quei dì, d'uccellare, era in un suo orto e faceva certi suoi lavorietti acconciare; il quale, udendo che monna Giovanna il domandava alla porta, maravigliandosi forte, lieto là corse. [italiano moderno] [torna all'inizio]

La quale vedendol venire, con una donnesca piacevolezza levataglisi incontro, avendola già Federigo reverentemente salutata, disse: «Bene stea Federigo!» e seguitò: «Io sono venuta a ristorarti de' danni li quali tu hai già avuti per me amandomi più che stato non ti sarebbe bisogno: e il ristoro è cotale che io intendo con questa mia compagna insieme desinar teco dimesticamente stamane.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

Alla qual Federigo umilmente rispose: «Madonna, niun danno mi ricorda mai avere ricevuto per voi ma tanto di bene che, se io mai alcuna cosa valsi, per lo vostro valore e per l'amore che portato v'ho adivenne. E per certo questa vostra liberale venuta m'è troppo più cara che non sarebbe se da capo mi fosse dato da spendere quanto per adietro ho già speso, come che a povero oste siate venuta»; e così detto, vergognosamente dentro alla sua casa la ricevette e di quella nel suo giardino la condusse, e quivi non avendo a cui farle tenere compagnia a altrui, disse: «Madonna, poi che altri non c'è, questa buona donna moglie di questo lavoratore vi terrà compagnia tanto che io vada a far metter la tavola.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

Egli, con tutto che la sua povertà fosse strema, non s'era ancor tanto avveduto quanto bisogno gli facea che egli avesse fuor d'ordine spese le sue ricchezze, ma questa mattina niuna cosa trovandosi di che potere onorar la donna, per amor della quale egli già infiniti uomini onorati avea, il fé ravedere. E oltre modo angoscioso, seco stesso maledicendo la sua fortuna, come uomo che fuor di sé fosse or qua e or là trascorrendo, né denari né pegno trovandosi, essendo l'ora tarda e il disiderio grande di pure onorar d'alcuna cosa la gentil donna e non volendo, non che altrui, ma il lavorator suo stesso richiedere gli corse agli occhi il suo buon falcone, il quale nella sua saletta vide sopra la stanga per che, non avendo a che altro ricorrere, presolo e trovatolo grasso, pensò lui esser degna vivanda di cotal donna. E però, senza più pensare, tiratogli il collo, a una sua fanticella il fé prestamente, pelato e acconcio, mettere in uno schedone e arrostir diligentemente; e messa la tavola con tovaglie bianchissime, delle quali alcuna ancora avea, con lieto viso ritornò alla donna nel suo giardino e il desinare, che per lui far si potea, disse essere apparecchiato. Laonde la donna con la sua compagna levatasi andarono a tavola e, senza saper che si mangiassero, insieme con Federigo, il quale con somma fede le serviva, mangiarono il buon falcone. [italiano moderno] [torna all'inizio]

E levate da tavola e alquanto con piacevoli ragionamenti con lui dimorate, parendo alla donna tempo di dire quello per che andata era, così benignamente verso Federigo cominciò a parlare: «Federigo, ricordandoti tu della tua preterita vita e della mia onestà, la quale per avventura tu hai reputata durezza e crudeltà, io non dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della mia presunzione sentendo quello per che principalmente qui venuta sono; ma se figliuoli avessi o avessi avuti, per li quali potessi conoscere di quanta forza sia l'amor che lor si porta, mi parrebbe esser certa che in parte m'avresti per iscusata. Ma come che tu non n'abbia, io che n'ho uno, non posso però le leggi comuni d'altre madri fuggire; le cui forze seguir convenendomi, mi conviene, oltre al piacer mio e oltre a ogni convenevolezza e dovere, chiederti un dono il quale io so che sommamente t'è caro: e è ragione, per ciò che niuno altro diletto, niuno altro diporto, niuna consolazione lasciata t'ha la tua strema fortuna, e questo dono è il falcon tuo, del quale il fanciul mio è sì forte invaghito, che, se io non gliene porto, io temo che egli non aggravi tanto nella infermità la quale ha, che poi ne segua cosa per la quale io il perda. E per ciò ti priego, non per l'amore che tu mi porti, al quale tu di niente se' tenuto, ma per la tua nobiltà, la quale in usar cortesia s'è maggiore che in alcuno altro mostrata, che ti debba piacere di donarlomi, acciò che io per questo dono possa dire d'avere ritenuto in vita il mio figliuolo e per quello averloti sempre obligato. [italiano moderno] [torna all'inizio]

Federigo, udendo ciò che la donna adomandava e sentendo che servir non ne la potea per ciò che mangiar gliele avea dato, cominciò in presenza di lei a piagnere anzi che alcuna parola risponder potesse. Il quale pianto la donna prima credette che da dolore di dover da sé dipartire il buon falcone divenisse più che d'altro, e quasi fu per dire che nol volesse; ma pur sostenutasi, aspettò dopo il pianto la risposta di Federigo, il qual così disse: «Madonna poscia che a Dio piacque che io in voi ponessi il mio amore, in assai cose m'ho reputata la fortuna contraria e sonmi di lei doluto; ma tutte sono state leggieri a rispetto di quello che ella mi fa al presente, di che io mai pace con lei aver non debbo, pensando che voi qui alla mia povera casa venuta siete, dove, mentre che ricca fu, venir non degnaste, e da me un picciol don vogliate, e ella abbia sì fatto, che io donar nol vi possa: e perché questo esser non possa vi dirò brievemente. Come io udii che voi, la vostra mercé, meco desinar volavate, avendo riguardo alla vostra eccellenzia e al vostro valore, reputai degna e convenevole cosa che con più cara vivanda secondo la mia possibilità io vi dovessi onorare, che con quelle che generalmente per l'altre persone s'usano: per che, ricordandomi del falcon che mi domandate e della sua bontà, degno cibo da voi il reputai, e questa mattina arrostito l'avete avuto in sul tagliere, il quale io per ottimamente allogato avea; ma vedendo ora che in altra maniera il disideravate, m'è sì gran duolo che servire non ve ne posso, che mai pace non me ne credo dare.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

E questo detto, le penne e i piedi e 'l becco le fé in testimonianza di ciò gittare davanti. La qual cosa la donna vedendo e udendo, prima il biasimò d'aver per dar mangiare a una femina ucciso un tal falcone, e poi la grandezza dell'animo suo, la quale la povertà non avea potuto né potea rintuzzare, molto seco medesima commendò. Poi, rimasa fuori dalla speranza d'avere il falcone e per quello della salute del figliuolo entrata in forse, tutta malinconosa si dipartì e tornossi al figliuolo. Il quale, o per malinconia che il falcone aver non potea o per la 'nfermità che pure a ciò il dovesse aver condotto, non trapassar molti giorni che egli con grandissimo dolor della madre di questa vita passò. [italiano moderno] [torna all'inizio]

La quale, poi che piena di lagrime e d'amaritudine fu stata alquanto, essendo rimasa ricchissima e ancora giovane, più volte fu da' fratelli costretta a rimaritarsi. La quale, come che voluto non avesse, pur veggendosi infestare, ricordatasi del valore di Federigo e della sua magnificenzia ultima, cioè d'avere ucciso un così fatto falcone per onorarla, disse a' fratelli: «Io volentieri, quando vi piacesse, mi starei; ma se a voi pur piace che io marito prenda, per certo io non ne prenderò mai alcuno altro, se io non ho Federigo degli Alberighi.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

Alla quale i fratelli, faccendosi beffe di lei, dissero: «Sciocca, che è ciò che tu di'? come vuoi tu lui che non ha cosa al mondo?» [italiano moderno] [torna all'inizio]

A' quali ella rispose: «Fratelli miei, io so bene che così è come voi dite, ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo.» [italiano moderno] [torna all'inizio]

Li fratelli, udendo l'animo di lei e conoscendo Federigo da molto, quantunque povero fosse, sì come ella volle, lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. Il quale così fatta donna e cui egli cotanto amata avea per moglie vedendosi, e oltre a ciò ricchissima, in letizia con lei, miglior massaio fatto, terminò gli anni suoi. — [italiano moderno] [torna all'inizio]


Tratto da: Boccaccio, Giovanni (1985). Decameron. A cura di Vittore Branca. Milano: Arnoldo Mondadori. Internet (1.5.2008): http://www.classicitaliani.it/boccaccio/decameron/0509.htm [italiano moderno] [torna all'inizio]

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Versione in italiano moderno

Federico degli Alberichi ama e non è amato, e consuma i suoi beni spendendo in cortesia e gli rimane solo un  falco; e non avendo nient'altro, lo dà da mangiare alla sua donna che è venuta alla sua casa; e lei, avendo saputo ciò, cambiata opinione, lo prende per marito e lo fa ricco. [testo originale] [torna all'inizio]

Filomena aveva già smesso di parlare, quando la regina, avendo veduto che non era rimasto più nessuno che dovesse raccontare, se non Dioneo per il suo privilegio, disse con viso lieto: [testo originale] [torna all'inizio]

Spetta a me ormai raccontare; e io, carissime donne, lo farò volentieri con una novella simile in parte alla precedente, non solamente acciocché sappiate quanto potere abbia la vostra grazia sui cuori gentili, ma perché apprendiate a essere voi medesime, dove è opportuno, donatrici delle vostre ricompense, senza lasciare sempre la Sorte a essere loro guidatrice. E la Sorte non dona sufficientemente, ma, come avviene, il più delle volte dona modestamente. [testo originale] [torna all'inizio]

Dovete dunque sapere che Coppo figlio di Borghese Domenichi, il quale nella nostra città fu nei dì nostri, e forse [scilicet: se non è morto di peste] ancora è, un uomo di grande e meritata autorità, e che fu degno di eterna fama per costumi e per virtù, molto più che per nobiltà di sangue famosissimo, essendo già avanti con gli anni, molte volte si dilettava di raccontare le cose passate ai suoi vicini e ad altri: e questa cosa egli sapeva fare meglio e con più ordine e con maggiore memoria e parlare ornato di qualsiasi altro uomo. Era solito raccontare, tra le altre sue belle cose, che a Firenze ci fu una volta un giovane chiamato Federico, figlio di messer Filippo Alberichi, apprezzato più di ogni altro giovane nobile di tutta la Toscana per l'abilità con le armi e per la pratica della cortesia. E lui, sì come avviene agli uomini nobili per lo più, si innamorò di una donna nobile chiamata monna Giovanna, ritenuta ai suoi tempi una delle più belle donne e delle più leggiadre che ci fossero a Firenze; e acciocché potesse acquisire l'amor di lei, egli giostrava, armeggiava, faceva feste e donava, e spendeva i suoi beni senza alcun ritegno; ma ella, non meno onesta che bella, non si curava per niente di queste cose fatte per lei né di colui che le faceva. [testo originale] [torna all'inizio]

Spendendo dunque Federico molto oltre a ogni suo possibilità e niente acquisendo, sì come avviene facilmente, le ricchezze mancarono e lui rimase povero, senza che gli fosse rimasta nessun'altra cosa che un suo piccolo poderetto, delle rendite del quale viveva strettissimamente, e oltre a questo gli era rimasto un suo falco dei migliori del mondo. Perciò, amando più che mai né parendogli di potere avere ancora il tenore di vita che desiderava per vivere in città, se ne andò a stare a Campi, là dove c'era il suo poderetto. Quivi, cacciando con il falco quando poteva e senza chiedere aiuto a nessuna persona, pazientemente la sua povertà sopportava. [testo originale] [torna all'inizio]

Ora avvenne un dì, essendo arrivato così Federico allo stremo, che il marito di monna Giovanna si ammalò e, vedendosi arrivare alla morte, fece testamento e, essendo ricchissimo, in quello lasciò suo erede un suo figlio già grandicello e appresso questo, avendo molto amata monna Giovanna, lei come sua erede in sostituzione, se fosse avvenuto che il figlio fosse morto senza erede legittimo, e morì. [testo originale] [torna all'inizio]

Rimasta dunque vedova, monna Giovanna, come è usanza delle nostre donne, l'estate se ne andava in contado con questo suo figlio a un suo podere assai vicino a quello di Federico. Perciò avvenneche questo garzoncello si incominciò a familiarizzare con Federico e a dilettarsi di uccelli e di cani; e avendo lui veduto molte volte il falco di Federico volare e, piacendogli il falco più del normale, desiderava fortemente averlo, ma ugualmente non osava richiederlo, vedendo che era tanto caro a lui. E stando così la cosa, avvenne che il garzoncello si ammalò: e la madre, molto addolorata per questo, come colei che non aveva altri figli e che amava lui quanto più si poteva,  standogli dintorno tutto il dì non cessava di confortarlo e spesse volte gli domandava se c'era qualche cosa la quale egli desiderasse, pregandolo di dirglielo, ché certamente, se fosse stato possibile averla, avrebbe procacciato di averla. [testo originale] [torna all'inizio]

Il giovanetto, udite molte volte queste offerte, disse: «Madre mia, credo che, se voi fate che io abbia il falco di Federico, guarirò presto.» [testo originale] [torna all'inizio]

La donna, udendo questo, restò alquanto sorpresa e cominciò a pensare a cosa dovesse fare. Ella sapeva che Federico l'aveva amata a lungo, né mai aveva avuto da lei un solo sguardo, perciò ella diceva: «Come manderò io qualcuno a chiedergli o andrò personalmente a domandargli questo falco, che è, per quel che io oda, il migliore che mai abbia volato e oltre a ciò lo mantiene vivo? E come sarò io sì irriconoscente che a un uomo nobile, al quale non è rimasto più nessun altro diletto, io questo gli voglia togliere?» E impacciata in così fatto pensiero, sebbene ella fosse certissima di ottenerlo se lo avesse domandato, senza sapere che dovesse dire, non rispondeva al figlio, ma esitava. [testo originale] [torna all'inizio]

Infine, tanto la vinse l'amore del figlio che ella dentro di sé dispose, per contentarlo, qualsiasi cosa ne dovesse conseguire, di non mandare nessuno, ma d'andare ella medesima a chiederlo e di recarglielo e gli rispose: «Figlio mio, confortati e pensa di guarire comunque, ché io ti prometto che la prima cosa che io farò domattina sarà che io andrò a chiederlo e sì te lo recherò.» [testo originale] [torna all'inizio]

E il fanciullo, lieto di ciò, il dì medesimo mostrò qualche miglioramento. [testo originale] [torna all'inizio]

La donna la mattina seguente, presa un'altra donna in compagnia, come se fosse stata una gita di piacere, se ne andò alla piccola casetta di Federico e lo fece chiamare. Egli, per il fatto che non c'era il tempo adatto per cacciare con il falco né c'era stato in quei dì, era in un suo orto e faceva compiere certi suoi lavoretti; e lui, udendo che monna Giovanna lo chiamava alla porta, meravigliandosi molto, corse là lieto. [testo originale] [torna all'inizio]

E lei, vedendolo venire, levataglisi incontro con una grazia tipicamente femminile, avendola già salutata Federico riverentemente, disse: «Che tu stia bene, Federico!» e seguitò: «Io sono venuta a risarcirti dei danni i quali tu hai già avuto a causa mia amandomi più di quanto ne avresti avuto bisogno: e il risarcimento è quello che io intendo pranzare stamane con questa mia compagna insieme con te amichevolmente.» [testo originale] [torna all'inizio]

E Federico le rispose umilmente: «Madonna, non mi viene in mente di avere mai ricevuto nessun danno a causa vostra, ma tanto bene che, se mai io valsi qualcosa, ciò fu per il vostro valore e per l'amore che vi ho portato. E certamente questa vostra generosa venuta mi è tanto più cara di quanto lo sarebbe, se mi fosse dato di spendere da capo quanto in passato ho già speso, anche se siete venuta da un ospite povero»; e così detto, la ricevette vergognandosi dentro alla sua casa e da quella la condusse nel suo giardino, e quivi, non avendo un'altra persona da cui farle tenere compagnia, disse: «Madonna, poiché non c'è nessun altro, questa buona donna, moglie di questo lavoratore, vi terrà compagnia intanto che io vado a far mettere la tavola.» [testo originale] [torna all'inizio]

Egli, sebbene la sua povertà fosse estrema, non si era ancora tanto avveduto quanta miseria aveva da quando egli aveva speso le sue ricchezze fuori misura, ma quella mattina, non trovandosi nessuna cosa con cui poter onorare la donna per amore della quale egli aveva già onorato moltissimi uomini, glielo fece capire. E oltre modo angosciato, maledicendo dentro di se stesso la sua sorte, correndo ora qua e ora là come un uomo che fosse fuori di sé, non trovandosi né denari né qualcosa da dare in pegno, essendo l'ora tarda ed essendo grande il desiderio di onorare ugualmente con qualche cosa la nobile donna e non volendo chiedere aiuto, non solo a qualcun altro, ma nemmeno al suo lavoratore, gli cadde lo sguardo sul suo buon falco, il quale vide sopra la stanga nella sua saletta, e perciò, non avendo a che altro ricorrere, presolo e trovatolo grasso, pensò che lui era una vivanda degna di una donna così importante. E perciò, senza pensare più a lungo, tiratogli il collo, lo fece mettere immediatamente a una sua domestica, spiumato e preparato, in uno schedone e glielo fece arrostire diligentemente; e messa la tavola con tovaglie bianchissime, delle quali ne aveva ancora qualcuna, con viso lieto ritornò alla donna nel suo giardino e disse che il pranzo che poteva essere fatto da lui era pronto. Quindi la donna con la sua compagna, levatesi, andarono a tavola e, senza saper che mangiassero, insieme con Federico, il quale con somma fede le serviva, mangiarono il buon falco. [testo originale] [torna all'inizio]

E levate da tavola e restate alquanto con lui con piacevoli ragionamenti, parendo alla donna il momento di dire quello per cui era venuta, a Federico cominciò a parlare così benignamente: «Federico, ricordandoti tu della tua vita passata e della mia onestà, la quale per avventura tu hai reputata durezza e crudeltà, io non dubito affatto che tu ti debba meravigliare della mia presunzione, sentendo quello per cui sono venuta qui principalmente; ma se tu avessi o avessi avuto figli, grazie ai quali tu potessi sapere di quanta forza sia l'amore che si porta loro, mi parrebbe logico essere certa che in parte mi considereresti scusata. Ma anche se tu non ne hai, io che ne ho uno non posso perciò fuggire le leggi comuni alle altre madri; e, essendo per me necessario seguire le forze di quelle, mi tocca, oltre al piacere mio e oltre a ogni convenevolezza e dovere, chiederti un dono il quale io so che sommamente ti è caro: e è logico, per via che nessun altro diletto, nessun altro diporto, nessuna consolazione ti ha lasciato la tua durissima sorte; e questo dono è il tuo falco, del quale il mio fanciullo è sì fortemente invaghito che, se io non glielo porto, io temo che egli si aggravi tanto nella infermità la quale ha che poi ne segua cosa per la quale io lo perda. E perciò ti prego, non per l'amore che tu mi porti, dal quale tu non sei tenuto a far niente, ma per la tua nobiltà, la quale nel praticare la cortesia si è mostrata maggiore che in chiunque altro, che ti debba piacere di donarmelo, acciocché io possa dire di avere tenuto in vita mio figlio grazie a questo dono e per quello sentirmi sempre obbligata per lui. [testo originale] [torna all'inizio]

Federico, udendo ciò che la donna domandava e sentendo che non la poteva accontentare per via che glielo aveva dato da mangiare, cominciò in presenza di lei a piangere prima che avesse potuto rispondere qualche parola. E la donna prima credette che quel pianto venisse dal dolore di dovere da sé dipartire il buon falco più che da altro, e quasi stava per dire che non lo voleva; eppure trattenutasi, aspettò dopo il pianto la risposta di Federico, il qual così disse: «Madonna, poiché a Dio piacque che io in voi ponessi il mio amore, in assai cose ho reputato la sorte contraria a me e mi sono dispiaciuto di lei; ma tutte sono state leggere rispetto a quello che ella mi fa al presente, e di questo io non debbomai avere pace con lei, pensando che voi siete venuta qui alla mia povera casa, dove, mentre era ricca, venire non degnaste, e da me un piccolo dono vogliate, e ella abbia fatto così che io non ve lo possa donare: e vi dirò brevementeperché ciò non possa avvenire. Come io udii che voi, e vi ringrazio, volevate pranzare con me, avendo riguardo alla vostra eccellenza e al vostro valore, reputai degna e convenevole cosa che io vi dovessi onorare con una vivanda più cara secondo la mia possibilità di quelle che generalmente sono usuali per le altre persone: perciò, ricordandomi del falco che mi domandate e della sua bontà, lo reputai degno cibo per voi, e questa mattina l'avete avuto arrostito sul piatto, ed io lo ritenevo utilizzato ottimamente; ma vedendo ora che lo desideravate in un'altra maniera, ho sì gran dolore che non non vi posso accontentare con quello che non credo di darmi mai pace di ciò.» [testo originale] [torna all'inizio]

E detto questo, le fece gettare davanti a testimonianza di ciò le penne e i piedi e il becco. La qual cosa la donna avendo visto e udito, prima lo biasimò di aver ucciso un tal falco per dar da mangiare a una femmina, e poi molto lodò dentro di sé la grandezza del suo animo, la quale la povertà non aveva potuto né poteva rintuzzare. Poi, persa la speranza di avere il falco e perciò insicura della salvezza del figliuolo, tutta disperata si dipartì e tornò dal figliuolo. E quello, o per la disperazione che non poteva avere il falco o per la malattia che ugualmente lo avrebbe condotto a ciò, non passarono molti giorni e egli con grandissimo dolor della madre abbandonò questa vita. [testo originale] [torna all'inizio]

La quale, dopo che fu stata per molto tempo piena di lacrime e di amarezza, essendo rimasta ricchissima e ancora giovane, più volte fu spinta dai fratelli a rimaritarsi. E quella, sebbene non volesse, eppure vedendosi molestare, ricordatasi del valore di Federico e del suo ultimo atto di magnificenza, cioè che aveva ucciso un così fatto falco per onorarla, disse ai fratelli: «Io volentieri, se vi piacesse, resterei così; ma se voi ugualmente preferite che io prenda marito, per certo io non ne prenderò mai nessun altro, se io non ho Federico degli Alberichi.» [testo originiale] [torna all'inizio]

E a quella i fratelli, facendosi beffe di lei, dissero: «Sciocca, che è ciò che tu dici? come vuoi tu lui che non ha cosa al mondo?» [testo originale] [torna all'inizio]

E a quelli ella rispose: «Fratelli miei, io so bene che è così come voi dite, ma io preferisco un uomo che abbia bisogno di ricchezza a una ricchezza che abbia bisogno di un uomo.» [testo originale] [torna all'inizio]

fratelli, avendo udito la sua opinione e sapendo che Federico valeva molto, quantunque fosse povero, sì come ella volle, lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. E quello, vedendosi per moglie così fatta donna e che egli aveva amato tanto, e oltre a ciò ricchissima, in letizia con lei, diventato migliore amministratore, terminò i suoi anni. — [testo originale] [torna all'inizio]

Tratto da: BOCCACCIO, Giovanni (2008). Decameron : Quinta Giornata : Novella nona [online]. A cura di Giuseppe Bonghi. WWW [14.10.2010]: <http://www.classicitaliani.it/decamero/05_09.htm>. Edizione di riferimento: Giovanni Boccaccio, Decameron, a cura di Vittore Branca, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1985.

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Bibliografia

  • BOCCACCIO.
  • CESERANI, Remo; DE FEDERICIS, Lidia. «1. Temi e modi». In: IIDEM. Il materiale e l'immaginario: Laboratorio di analisi dei testi e di lavoro critico. Vol. 10. Torino : Loescher, 1980, pp. 100-101.
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Giorgio Cadorini --- giorgio (ad) cadorini (punto) org --- GSM +420-732.466.543