Slezská univerzita v Opavě

Torquato Tasso

Aminta

(atto I, scena I, vv. 101-169)

Trascrizione didattica (Vai al testo originale)

[S] Aminta faccia quello che a lui piace di sé
e dei suoi amori: a me non ne cale nulla;
e, purché non sia mio, sia di chi vuole;
ma non può essere mio, se io non voglio lui;
né io sarei sua, se anche egli fosse mio.

[D] Onde nasce il tuo odio?

[S]                                       Dal suo amore.

[D] Piacevole padre di figlio crudele.
Ma quando mai le tigri nacquero dai mansueti agnelli? o i corvi dai bei cigni?
O inganni me, o te stessa.

[S]                                  Odio il suo amore,
che odia la mia onestà, ed amai lui, mentre
egli voleva di me quello che anche io volevo.

[D] Tu volevi il tuo peggio: egli brama per te
quello che brama per sé.

[S]                                 Dafne, se vuoi che io
ti risponda, o taci, o parla di altro.

[D]                             Ora guata che modi!
guata che dispettosa giovinetta!
Ora almeno rispondimi: se altri ti amasse,
gradiresti il suo amore in questa guisa?

[S] Gradirei in questa guisa ciascun
insidiatore della mia verginità,
che tu chiami amante, ed io nemico.

[D] Stimi dunque il montone nemico
 dell'agnella?
il toro della giovenca?
Stimi dunque il tortore nemico
della fida tortorella?
Stimi dunque la dolce primavera
stagione
di inimicizia e di ira,
la primavera che ora allegra e ridente
riconsiglia il mondo e gli animali
e gli uomini e le donne
ad amare? e non ti accorgi
come tutte le cose
ora siano innamorate
di un amore pieno di gioia e di salute?
Mira là quel colombo
con che dolce sussurro lusingando
la sua compagna la bacia.
Odi quell'usignolo
che va di ramo in ramo
cantando: «Io amo, io amo»; e, se non lo sai,
la biscia lascia il suo veleno e corre
cupida dal suo amatore;
le tigri vanno in amore;
il leone superbo ama; e tu sola, feroce
più di tutte le fiere,
gli dineghi albergo nel tuo petto.
Ma che dico leoni e tigri e serpi,
che pure hanno sentimento? anche
gli alberi amano. Puoi vedere con quanto affetto
e con quanti iterati abbracciamenti
la vite s'avviticchia al suo marito;
l'abete ama l'abete, il pino il pino,
l'ornello arde e sospira per l'ornello
e per la salice il salice
e l'uno per l'altro i faggi.
Quella quercia, che pare
sì ruvida e selvaggia,
anche essa sente il potere
del fuoco amoroso; e, se tu avessi
spirito e senso per l'amore, intenderesti
i suoi muti sospiri. Ora tu vuoi essere da meno
delle piante,
per non essere amante?
Cambia, cambia consiglio,
pazzerella che sei.

[S] Ora su, quando udirò i sospiri
delle piante,
allora io sarò contenta di essere amante.

Testo originale Vai alla trascrizione moderna

[Silvia] Faccia Aminta di sé e de' suoi amori
quel ch'a lui piace: a me nulla ne cale;
e, pur che non sia mio, sia di chi vuole;
ma esser non può mio, s'io lui non voglio;
né, s'anco egli mio fosse, io sarei sua.

[Dafne] Onde nasce il tuo odio?

[Silvia]                                           Dal suo amore.

[Dafne] Piacevol padre di figlio crudele.
Ma quando mai dai mansueti agnelli
nacquer le tigri? o dai bei cigni i corvi?
O me inganni, o te stessa.

[Silvia]                                 Odio il suo amore,
ch'odia la mia onestate, ed amai lui,
mentr'ei volse di me quel ch'io voleva.

[Dafne] Tu volevi il tuo peggio: egli a te brama
quel ch'a sé brama.

[Silvia]                     Dafne, o taci, o parla
d'altro, se vuoi risposta.

[Dafne]                             Or guata modi!
guata che dispettosa giovinetta!
Or rispondimi almen: s'altri t'amasse,
gradiresti il suo amore in questa guisa?

[Silvia] In questa guisa gradirei ciascuno
insidiator di mia virginitate,
che tu dimandi amante, ed io nimico.

[Dafne] Stimi dunque nemico
il monton de l'agnella?
de la giovenca il toro?
Stimi dunque nemico
il tortore a la fida tortorella?
Stimi dunque stagione
di nimicizia e d'ira
la dolce primavera,
ch'or allegra e ridente
riconsiglia ad amare
il mondo e gli animali
e gli uomini e le donne? e non t'accorgi
come tutte le cose
or sono innamorate
d'un amor pien di gioia e di salute?
Mira là quel colombo
con che dolce susurro lusingando
bacia la sua compagna.
Odi quell'usignuolo
che va di ramo in ramo
cantando: «Io amo, io amo»; e, se no 'l sai,
la biscia lascia il suo veleno e corre
cupida al suo amatore;
van le tigri in amore;
ama il leon superbo; e tu sol, fiera
più che tutte le fere,
albergo gli dineghi nel tuo petto.
Ma che dico leoni e tigri e serpi,
che pur han sentimento? amano ancora
gli alberi. Veder puoi con quanto affetto
e con quanti iterati abbracciamenti
la vite s'avviticchia al suo marito;
l'abete ama l'abete, il pino il pino,
l'orno per l'orno e per la salce il salce
e l'un per l'altro faggio arde e sospira.
Quella quercia, che pare
sì ruvida e selvaggia,
sent'anch'ella il potere
de l'amoroso foco; e, se tu avessi
spirto e senso d'amore, intenderesti
i suoi muti sospiri. Or tu da meno
esser vuoi de le piante,
per non esser amante?
Cangia, cangia consiglio,
pazzarella che sei.

[Silvia] Or su, quando i sospiri
udirò de le piante,
io son contenta allor d'esser amante.


Tratto da: TASSO, Torquato (1995). Aminta. A cura di Marta Savini. Roma. WWW (RTF 376 kB, PDF 324 kB, TXT 36 kB) [cit. 24.3.2008]:
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